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H
Tappeti Persiani

Forse i primi tappeti non furono realizzati da popolazioni iraniche, tuttavia in Persia la tradizione dell’annodatura raggiunse vertici tanto elevati da costituire l’aspetto più importante dell’arte locale, aspetto che perdura fino ai nostri giorni.

Furono alcuni popoli e alcune dinastie che si sono avvicendate sul territorio locale i principali artefici dello splendore dei manufatti persiani. Primi tra tutti i Mongoli che, sotto la guida di Gengis Khan, dal 1206 iniziarono la conquista del Paese, fondando la dinastia degli Ilkhanidi. Nonostante le loro origini di pastori guerrieri, i sovrani mongoli in tempo di pace amavano il lusso e lo sfarzo, e da fonti storiche sappiamo che promossero la realizzazione di stoffe pregiate e di tappeti destinati ad abbellire gli ambienti di corte.

Questa tradizione continuò anche quando la Persia, alla fine del Trecento, passò sotto il controllo dei Timuridi, popolo dell’Asia centrale guidato da Tamerlano.

Il Paese conobbe uno sviluppo artistico veramente eccezionale, dovuto in gran parte alla sensibilità estetica e culturale della dinastia regnante. Appassionati bibliofili, i Timuridi incentivarono l’arte della miniatura, facendo decorare le copertine dei loro splendidi volumi con un disegno centrale, spesso affiancato da pendenti e cantonali, secondo uno schema compositivo riprodotto anche sui tappeti a medaglione dei secoli successivi.

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Tappeti Turchi

La penisola anatolica, che si allunga come un ponte tra Asia ed Europa, è stata per secoli teatro di eventi di eccezionale importanza e ha visto la nascita e lo sviluppo di grandi civiltà. La vastità del territòrio favorì in passato una certa frammentazione politico-culturale, che incise sensibilmente anche sulla storia e sull’evoluzione dei tappeti locali.

Nell’Anatolia antica è infatti impossibile identificare un’omogenea produzione nazionale di unga durata, come invece si può fare per la Persia dei Safavidi, poiché la tradizione manifatturiera sì formò in modo più frammentario e variegato, risentendo sia delle vicissitudini storiche che interessarono il territorio, sia degli apporti di diverse popolazioni (Turchi, Persiani, Caucasici, Turcomanni e Curdi).

Questa eterogeneità è tuttora riscontrabile in alcune manifatture artigianali periferiche, sulle quali poco ha inciso l’organizzazione accentrata promossa dall’amministrazione turca a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.

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A
Tappeti Caucasici

Vero e proprio ponte di congiungimento dell’Europa con l’Asia, il territorio istmico del Caucaso si estende fra il Mar Nero e il Mar Caspio.

È impossibile inserire la sua realtà etnico-culturale in una precisa classificazione, anche perché nel corso dei secoli il Caucaso fu interessato dalle migrazioni continue di popoli e civiltà che, sovrapponendosi alle stirpi autoctone, resero quanto mai complesso il panorama razziale della zona, costituendo una realtà antropologica fra le più complesse del mondo, aspetto per altro confermato dalle numerosissime lingue che vi si parlano.

La stessa configurazione geografica, caratterizzata dall’alternarsi di aspre catene montuose ed estese vallate, ha favorito insediamenti urbani rari e discontinui, che si affiancano a gruppi tuttora dediti al nomadismo o al seminomadismo.

Oggi i caucasici veri e propri si suddividono in una miriade di gruppi (Georgiani, Circassi, Ceceni, Lesghi e Avari per ricordarne alcuni), ma accanto a loro vivono etnie d’antica origine persiana, turca, armena, araba, ebrea, curda e mongola, che testimoniano i numerosi avvicendamenti storici a cui fu sottoposta la zona, dove si diffusero nel contempo il Cristianesimo, l’Islamismo e il Buddismo.

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Turkmenistan

Secondo un’antica tradizione risalente all’XI secolo, l’origine del termine “turkmeno” deriverebbe dal persiano tir – pronunciato dai turchi tür, che significa “freccia” – e da kàmon, pronunciato keman dai turchi, che sta per “arco”. I persiani, dunque, avrebbero attribuito ai turkmeni questo nome per indicare che essi erano degli esperti arcieri. Con il tempo, le popolazioni turche avrebbero dimenticato il significato della parola e avrebbero confuso il suffisso man (poi diventato men) con la parola turca che significa “io” (in gran parte delle lingue turche, infatti, turkmen significa “io sono turco”).

Tra le più pregiate manifatture di tappeti orientali i tappeti dell’area turcomanna sono sicuramente degni di nota. I tappeti di questa regione sono facilmente riconoscibili dai tipici colori generalmente scuri come bruniti, rossi e bordeaux; nei pezzi più antichi (realizzati prima del 1917, anno dell’inizio della Rivoluzione di Ottobre) si è soliti trovare anche un tocco di arancio vegetale.

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R
Afghanistan

L’Afghanistan è situato nella parte meridionale dell’Asia e confine con l’Iran e il Turkmenistan a ovest, l’Uzbekistan ed il Tadzjikistan a nord, con il Pakistan e la Cina a est. La capitale del Paese è Kabul e gran parte del territorio è coperto da montagne. Appena un decimo del territorio è fertile, ma allo stesso tempo è tra i più fertili del mondo. La popolazione, gli afghani , è in gran parte suddivisa in diversi gruppi etnici (tribù) di cui i Pashtun sono i maggiori rappresentanti. Altri grandi gruppi etnici sono i Tagichi, gli Azari e gli Uzbechi.

Due dei più popolari tappeti provenienti dall’Afghanistan sono il Khal Mohammadi e l’Afghan Aqche. I Khal Mohammadi sono annodati a mano dai turkmeni della parte nord dell’Afghanistan e in alcuni casi possono anche essere prodotti in Pakistan, da turkmeni trasferitisi oltreconfine. I colori principali sono tutte le varie tonalità del rosso scuro. I motivi presenti sono i cosiddetti göl (a forma di zampa di elefante) e motivi ottagonali (ad otto lati) spesso con fiori stilizzati di colore blu scuro, ocra e beige. I tappeti Afghan Aqche sono annodati a mano da turkmeni del centro e del nord dell’Afghanistan.

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Tappeti Kilim

Solo da qualche decennio sui mercati dell’Occidente, i kilim, tappeti tessuti ma non annodati, hanno conosciuto una notevole diffusione. Le cause di questo ritardo non devono stupire poiché in passato questi manufatti venivano realizzati da gruppi nomadi o dagli abitanti dei villaggi della Persia, del Caucaso e dell’Anatolia esclusivamente per soddisfare le esigenze d’uso delle comunità o delle tribù e, proprio per questo, non erano mai stati concepiti per la vendita, né tanto meno per l’esportazione.

Ai giorni nostri l’interesse verso i kilim è molto cambiato: le genti produttrici di questi manufatti hanno mutato il loro stile di vita, abbandonando a poco a poco il loro tradizionale isolamento, e hanno cominciato a realizzarli anche per il commercio.

In Europa e in America, inoltre, si è fatta strada un’attenzione sempre più marcata verso questo tipo di manufatti, meno raffinati e sontuosi rispetto a tanti altri esemplari annodati, ma depositari di interessanti aspetti antropologici, che contribuiscono ad accrescerne l’indiscutibile fascino estetico.

Così nelle case occidentali i più “pratici” kilim hanno trovato il loro spazio, risultando quanto mai adatti soprattutto per arredare locali rustici, bagni, cucine o stanze dei bambini.

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A
Tappeti Cinesi e Tibetani

Benché in Europa i tappeti cinesi vantino una certa notorietà, sostenuta fra l’altro da alcuni convinti estimatori, va ricordato che la tradizione del’annodatura non è mai stata una delle espressioni artistiche più diffuse e apprezzate in quest’immenso Paese.

La cultura locale, infatti, ha sempre conferito una priorità assoluta alla realizzazione di raffinate porcellane, di miniature e di lacche, anche perché queste espressioni artistiche si prestano efficacemente a esprimere la ricerca della perfezione attraverso una calligrafica e attentissima definizione delle forme, caratteristica che non può essere ottenuta con manufatti annodati.

Tanti altri aspetti hanno inoltre contribuito a conferire ai tappeti una posizione decisamente marginale. Innanzitutto la Cina non è una grande prò duttrice di lana; inoltre le religioni più diffuse (il Buddismo, il Confucianesimo e il Taoismo) non prevedono precetti che conferiscono ai tappeti importanti funzioni liturgiche, tipiche invece de mondo islamico.

Non va infine dimenticato che nelle case locali i mobili sono indubbiamente gli arredi principali, per cui l’inserimento di manufatti annodati assume un valore decorativo di secondaria importanza.

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VI
Tappeti Sumak

I sumak sono manufatti tessuti che per la loro particolare tecnica esecutiva non possono essere reversibili. Infatti a differenza dei kilim possiedono un diritto e un rovescio, sul quale compaiono numerosi fili lasciati liberi in corrispondenza di ogni cambio di colore.

Proprio perché le trame vengono attorcigliate all’ordito e a ogni cambio di colore vengono lasciate libere sul retro del manufatto, i sumak hanno una consistenza piuttosto rilevante, che li rende anche resistenti all’usura.

II termine identifica una grande regione geografica del Lorestan persiano, ma secondo il noto studioso Parviz Tanavoli i sumak devono il loro appellativo a un omonimo arbusto molto utilizzato in Persia e in Turchia sia nei procedimenti tintori, sia in cucina.

Ricco di fisetina, miscelato a sale e ad allume permette di ottenere un particolare arancione che ha la peculiarità con il tempo di assumere varie tonalità rosso ruggine. Poiché tale tinta è molto ricorrente in questo tipo di manufatti, Tanavoli ritiene che con il tempo per estensione sia stato utilizzato per denominarli. Va tuttavia ricordato che in Iran gli esemplari di tale genere sono chiamati suzani, mentre il popolo dei Shahsavan preferisce chiamarli caicco, che significa barca.

I sumak d’epoca venivano interamente eseguiti in lana; in età recente alcuni gruppi curdi insediati soprattutto nella zona di Bigiar hanno realizzato splendidi manufatti interamente in seta.

Con questa tecnica molti popoli orientali, fra cui i Qashqai, i Shahsavan e i Curdi, realizzavano pure un’infinità d’oggetti d’uso ed elementi decorativi per le tende.

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